Tradizionale mestiere
femminile era la levatrice, frutto di una cultura secolare, dell’esperienza diretta di donne, basato su conoscenze del corpo femminile.
La levatrice nella civiltà contadina, poiché aiutava a dare la vita, godeva di un grande prestigio e di una grande autorità, era testimone del succedersi delle generazioni, garantiva l’identità di ognuno, entrava nelle famiglie ed era testimone della loro discendenza. Era a conoscenza di intimi segreti, era riservata e temuta, ma anche rispettata e chiamata, pertanto, non solo ad assistere in caso di parti, ma per estinguere liti e dividere eredità. Quello della levatrice era un mestiere sicuramente considerato importante, ma valutato anche con qualche ombra ed ambiguità, poiché connesso a pratiche talvolta superstiziose, ad indicazioni che, come potevano dare la vita, potevano suggerire la contraccezione o favorire gli aborti e le gravidanze non desiderate.
La levatrice nella civiltà contadina, poiché aiutava a dare la vita, godeva di un grande prestigio e di una grande autorità, era testimone del succedersi delle generazioni, garantiva l’identità di ognuno, entrava nelle famiglie ed era testimone della loro discendenza. Era a conoscenza di intimi segreti, era riservata e temuta, ma anche rispettata e chiamata, pertanto, non solo ad assistere in caso di parti, ma per estinguere liti e dividere eredità. Quello della levatrice era un mestiere sicuramente considerato importante, ma valutato anche con qualche ombra ed ambiguità, poiché connesso a pratiche talvolta superstiziose, ad indicazioni che, come potevano dare la vita, potevano suggerire la contraccezione o favorire gli aborti e le gravidanze non desiderate.
Lo Stato unitario, per far fronte alla scarsa presenza di levatrici, al disinteresse dei medici per il settore ricorse alle giovani, ritenendole indicate ad entrare nelle case e a parlare alle donne, e si adoperò per creare un’ostetrica istruita, fiduciosa nella medicina ed avversa alle pratiche popolari, quasi magiche.
Lo Stato pose in essere una serie di interventi legislativi per definire e regolamentare l’istruzione e l’esercizio della levatrice, secondo un processo che portò ad una medicalizzazione del parto, ad una sostituzione delle stesse levatrici (donne dei ceti bassi o medio-bassi della popolazione) con ostetriche scolarizzate e subordinate ai medici e ai principi della scienza, dell’igiene e della salute pubblica da questi sostenuti.
Si provvide, a tal fine, ad istituire nuove scuole di ostetricia (in Lombardia le istituzioni scolastiche per la formazione di levatrici risalivano al 1767, quando Maria Teresa incaricò i chirurghi di insegnare ostetricia alle donne, si trattava di scuole convitto con precise norme di ammissione), dipendenti da un distretto universitario, annesse ad un ospizio di maternità o ad un ospedale e con corsi della durata di anni universitari. Le donne, per esservi ammesse, avrebbero dovuto avere un’età compresa tra i 18 ed i 36 anni, diploma e un certificato di buona condotta rilasciato dal Comune.
Le ragazze risposero con entusiasmo a quest’attività e, impregnate di principi scientifici, iniziarono una battaglia contro le malattie e la febbre puerperale nel nome dell’igiene, adottando un comportamento talvolta asettico e distante, che impediva una comprensione ed empatia con la partoriente e con le condizioni di vita miserrime delle classi più umili.
Le ostetriche dovettero, inoltre, sostenere la concorrenza delle cosiddette abusive. Il regolamento Bonghi del 1876 aveva, infatti, permesso alle donne che già esercitavano la professione di levatrice, senza regolare abilitazione, di ottenere il diploma sottoponendosi al solo esame pratico, nel termine di tre anni dall’entrata in vigore della legge, prorogato fino al 1884.
Questa sanatoria, che faceva fronte ad una situazione oggettiva di bisogno, creava però una coabitazione di opposte professionalità ispirata a principi talvolta antitetici, che andava spesso a discapito delle diplomate, meno conosciute e, per mentalità, più lontane dalle esigenze dei luoghi.
La legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica del Governo Crispi del 1888 istituzionalizzò la professione della levatrice ed obbligò i Comuni a stipendiare una levatrice con l’obbligo di cura gratuita dei poveri, mentre le famiglie benestanti avrebbero dovuto pagare la levatrice per il servizio ricevuto. La legge previde l’emanazione di un regolamento applicativo (09/10/1889) che introdusse l’obbligo, per le levatrici, di denunciare le malattie infettive e prescrisse un ulteriore regolamento, che non venne però emanato, al fine di specificare i limiti delle azioni permesse a queste donne.
L’anno successivo un ulteriore regolamento (Regolamento speciale con istruzioni per l’esercizio ostetrico delle levatrici dei Comuni del Regno, Ministro dell’interno Crispi, 23/02/1890) stabilì una serie di misure sanitarie, decretò l’obbligo della levatrice di chiamare il medico in caso di eventi irregolari durante il parto o di febbre elevata della puerpera e definì un registro in cui l’ostetrica avrebbe dovuto annotare i parti a cui aveva dato assistenza. Inoltre, allegò un elenco dettagliato di istruzioni sugli strumenti ed accessori da portare con sé, sui movimenti da compiere presso la partoriente, sulle cure igieniche da applicare alla madre e al bambino.
Il Codice Penale del
1888, inoltre, punì la procurata morte, l’occultamento e la sostituzione d’infante, il procurato aborto, e regolamentò il dovere della
levatrice di fornire, nel caso in cui vi fosse una richiesta dell’autorità
giudiziaria, chiarimenti ed informazioni circa diagnosi di gravidanza, di parto
avvenuto, di età e situazioni di infanti abbandonati. Nel 1894 la Prefettura di
Milano previde l’obbligo (Circolare del 15/12/1894) di denuncia a carico di
medici e ostetriche dei casi di aborto per raccogliere statistiche e per non
occultare aborti criminosi che a detta di alcuni avvenivano con il concorso
delle stesse levatrici, ed autorizzò (Circolare del 28/05/1894), per tutelare
le situazioni di gravidanze illegittime, le levatrici a tenere a pensione
partorienti, registrando questi pensionati e sottoponendoli a controlli
igienici.
Le condizioni di vita e di lavoro delle levatrici non erano, comunque, facili: la concorrenza con le abusive, gli scarsi stipendi pagati dai Comuni o il rifiuto di pagarle da parte di clienti, la mancanza di garanzia e sicurezza, poiché potevano essere rimosse in qualsiasi momento dal loro incarico, l’assenza del diritto alla pensione ed a forme di assicurazione in caso di malattia, nonché le numerose responsabilità addossate, portavano queste donne a lamentarsi. Numerose sono, infatti, le lettere pubblicate sulla loro rivista, il Giornale delle Levatrici sorto nel 1886, nata per divulgare informazioni scientifiche, casi clinici interessanti, ma riportante anche varie critiche e lamentele. Esse nel 1888, fondarono la Società italiana delle levatrici per difendere, tutelare e garantire le addette, individuandole rispetto alle levatrici tradizionali però per paura difendendo l’ideologia medica ufficiale.
Le condizioni di vita e di lavoro delle levatrici non erano, comunque, facili: la concorrenza con le abusive, gli scarsi stipendi pagati dai Comuni o il rifiuto di pagarle da parte di clienti, la mancanza di garanzia e sicurezza, poiché potevano essere rimosse in qualsiasi momento dal loro incarico, l’assenza del diritto alla pensione ed a forme di assicurazione in caso di malattia, nonché le numerose responsabilità addossate, portavano queste donne a lamentarsi. Numerose sono, infatti, le lettere pubblicate sulla loro rivista, il Giornale delle Levatrici sorto nel 1886, nata per divulgare informazioni scientifiche, casi clinici interessanti, ma riportante anche varie critiche e lamentele. Esse nel 1888, fondarono la Società italiana delle levatrici per difendere, tutelare e garantire le addette, individuandole rispetto alle levatrici tradizionali però per paura difendendo l’ideologia medica ufficiale.
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