L'aborto
terapeutico è l’interruzione volontaria della gravidanza provocata da
determinati trattamenti medici al fine di
preservare la salute della madre o
di evitare lo sviluppo di un feto segnato da malformazioni o gravi patologie.
Deve
avvenire prima dei tre mesi dal presunto concepimento (LEGGI) ma, superato il
primo trimestre di gravidanza, la legge consente ancora180 giorni per
l’interruzione su indicazione medica per
grave pericolo per la vita della gestante o per grave pericolo per la sua
salute fisica o psichica.
In questi casi l’aborto dovrà sottostare ad accertamenti sanitari e alle eventuali consulenze specialistiche di cui si vorrà avvalere il ginecologo che si assume la responsabilità dell'intervento.
In questi casi l’aborto dovrà sottostare ad accertamenti sanitari e alle eventuali consulenze specialistiche di cui si vorrà avvalere il ginecologo che si assume la responsabilità dell'intervento.
Le
condizioni patologiche della madre per cui viene solitamente praticato
l'aborto terapeutico sono le gravi
malattie cardiovascolari e renali o alcuni tipi di tumore (cancro al seno e tumore della
cervice, se curati con trattamenti - chirurgici e radiologici - dannosi per il
feto; melanoma, linfoma, leucemia, cancro allo stomaco e ai polmoni, se hanno
generato metastasi che hanno colpito la placenta o il feto). Le condizioni del feto che possono indurre i medici all'aborto terapeutico comprendono i
disordini cromosomici e metabolici, i difetti neurologici e le malformazioni.
L'aborto
terapeutico si pratica anche in caso gravidanze multifetali (LEGGI), che possono
causare la morte o lo sviluppo ritardato dei feti.
Le possibili conseguenze
psicologiche (depressione, complessi di colpa e di inadeguatezza, tendenze
suicide, abuso di farmaci, stati ansiosi, psicosi) variano a seconda
dell'educazione ricevuta, del contesto sociale, della maturità e dello stato
psicologico della donna e soprattutto dall’abbandono
di essa, in contesto sociale che tende a giudicare, mentre una coppia ha
bisogno di parlarne.
I psicologi che le strutture
mettono a disposizione della coppia, sono per legge, ma non risultano il più
delle volte efficaci
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