VIOLENZA IN SALA PARTO
Quante donne partoriscono senza sapere a cosa
effettivamente vanno incontro e quante fanno una scelta precisa quando decidono
dove affrontare un momento così importante della propria vita? In Italia sono
pochissime, una percentuale quasi irrisoria, perché in fondo fare figli è una
cosa che succede al di là del come e tutte le donne che hanno partorito
nell’arco della storia dell’umanità sono lì a dimostrare che quello che è
importante non è scegliere di partorire in un modo o in un altro ma il
risultato: mettere al mondo figli. Malgrado si debba indubbiamente riconoscere
il progresso per ciò che riguarda la salvaguardia della salute della donne –
almeno in un parte del mondo – quello che oggi ci sorprende se riflettiamo sul
momento del parto, è quanto la donna sia messa davvero in condizione di
scegliere in maniera non informata esclusivamente all’ospedale, perché
l’istituzione garantisce delle sicurezze, che nella realtà non . Il parto in un
ospedale italiano, anche se si impegna a salvaguardare la salute della donna e
del bambino, non si pone in nessun modo alcuna domanda e dà per scontato che
per salvaguardare la vita delle donne e dei bambini, basta mettere una donna su
un letto con un travaglio anche di 10 ore con un monitor attaccato alla pancia
per vedere che fa il nascituro. I racconti di un parto sono spesso
allucinanti: dolori indescrivibili che durano per un tempo infinito (anche
venti ore) con l’impossibilità di muoversi e che in maniera inequivocabile somiglia
più a una tortura che a un atto “naturale” per mettere al mondo qualcuno.
Oppure per alleviare i turni di lavoro
per carenza di personale ostetrico che come descritto scientificamente un
rapporto one to one riduce notevolmente il dolore, inventano il parto indolore
con la peridurale o peggio con i gas, come farsi in spiaggia come ragazzini. Ma
si potrebbe fare diversamente? Certo, dando maggiori informazioni
su parti extrastruttura(raccomandazione O.M.S.) ed incentivare il rimborso in
tutte le Regioni d’Italia e x chi sceglie l’ospedale evitare la
medicalizzazione e l’abuso, degli
obsoleti protocolli interni che non hanno nessuna motivazione medica, e
originano da arcaiche pratiche di controllo e disciplinamento del corpo. La
donna può dir scegliere la posizione del parto solo se l’ostetrica e in
particolare il medico ritengano legittimo questo suo diritto e se, al
contrario, pensano che lei debba sottostare a delle prassi e consuetudini
(rituali appunto) che non hanno nessuna motivazione medica ma rappresentano un
puro esercizio di potere, allora sarà obbligata a salire sul lettino. E che
potrà avere il bambino con se solo se la policy dell’ospedale lo considera
opportuno, a prescindere dai suoi desideri o È stata definita “violenza
ostetrica”. Non si tratta nè di malasanità nè di mancanza di pratiche aggiornate
ma del continuo attuarsi di situazioni nelle quali le donne non sono libere di
scegliere i trattamenti che ricevono, la posizione in cui partorire, le
modalità e i tempi con cui viversi il travaglio. Solo nel 2002 per esempio sono
state oltre duecentomila le donne che hanno subito l’episiotomia (il taglio
della vagina), pratica che ormai viene attuata anche quando non è
necessaria.
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